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Dove si getta? L'etichettatura ambientale nella raccolta differenziata

di Mariapia Caccavale, Dottoressa in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali

Negli ultimi anni si sente spesso parlare di “sostenibilità”, un concetto strettamente connesso alla tutela ambientale, che nasce dalla sempre maggiore consapevolezza che le risorse del nostro Pianeta non sono infinite ed è necessario preservarle evitando sprechi e rispettando ecosistemi e biodiversità. In questo scenario, uno degli strumenti che se ben realizzato e messo in atto potrebbe dare un forte impulso all’economia circolare, è l’etichettatura ambientale degli imballaggi che, migliorando la qualità dei rifiuti differenziati, trasforma i consumatori in “esperti” di raccolta differenziata,  Già qualche anno fa l’Unione Europea aveva individuato la necessità di ridurre i rifiuti, migliorando la raccolta differenziata e avviando al riciclo, attraverso le due Direttive UE 2018/851 e 2018/852. Tali direttive sono state recepite a livello nazionale dal D. Lgs. 116/2020, che si coordina andando in parte a modificare il Decreto Legislativo 152/2006, il c.d. “Testo Unico Ambientale”, che contiene le norme in materia di tutela ambientale e gestione dei rifiuti.

Lo scopo perseguito dal nuovo Decreto è di facilitare la raccolta, il recupero e il riciclaggio degli imballaggi di tutti i prodotti, compresi quelli alimentari, nonché fornire una corretta informazione ai consumatori sulla loro destinazione finale, al fine di ridurre ogni impatto sull’ambiente. Lo strumento messo in atto per il raggiungimento di tale scopo è proprio l’etichettatura ambientale, che consiste nell’indicare, direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta informazioni specifiche sulla sua composizione e sul suo corretto smaltimento da parte del consumatore. Queste informazioni sono obbligatorie per tutte le componenti separabili manualmente (es. bottiglia e tappo) e per tutti gli imballaggi immessi nel territorio nazionale in quanto, in caso di esportazione, occorre verificare eventuali disposizioni emanate dagli Stati di destinazione. Non vi sono indicazioni specifiche in merito alle modalità grafiche e di presentazione di tale etichettatura, ciascuna azienda ha la facoltà di comunicare con modalità liberamente scelte, purché efficaci e coerenti con gli obiettivi previsti, le seguenti informazioni obbligatorie: 
1. Il tipo di imballaggio (descrizione scritta per esteso o rappresentazione grafica);
2. L’identificazione del materiale utilizzato, adoperando una codifica alfanumerica ai sensi della Decisione 97/129/CE (es. PP 5); 
3. L’indicazione sul tipo di raccolta (se differenziata o indifferenziata) e, nel caso di raccolta differenziata, il materiale di riferimento (es. plastica). 
    
Oltre a queste indicazioni il consumatore è invitato a verificare le disposizioni del proprio Comune. L’obbligo di etichettatura ambientale doveva entrare in vigore già a fine 2020, ma, a causa di diverse problematiche, (pandemia, e proteste e dubbi interpretativi da parte dei produttori) ha fatto fatica a essere attuato ed è stato prorogato numerose volte. A seguito dell’ultima pubblicazione della legge di conversione del Decreto Milleproroghe, l’obbligo entrerà ufficialmente in vigore il 1° gennaio 2023. Nel frattempo, durante questo periodo di transizione, i produttori stanno iniziando ad adeguarsi, grazie anche al supporto fornito dalla pubblicazione delle linee guida del CONAI e dalle più recenti linee guida pubblicate dal Ministero della Transizione Ecologica lo scorso 15 marzo.

Dunque, nel momento in cui l’obbligo entrerà in vigore e il consumatore avrà delle chiare indicazioni di smaltimento sulla confezione di tutti i prodotti acquistati, non avrà più scuse per “fingere” di non saper differenziare. Il merito sarà dell’etichettatura ambientale: una nuova modalità di informare, educare e stimolare il consumatore a differenziare in maniera corretta. Insomma, un migliore strumento verso il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare.