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Bioindicatori per la tutela dell’ambiente

di Marcello Scivicco e Lorella Severino

L’incremento sempre maggiore della popolazione, la conseguente urbanizzazione e l’aumento della produzione industriale, agricola e zootecnica hanno in poco tempo modificato significativamente lo stato ambientale, compromettendo la qualità di vita di milioni di specie, vegetali e animali, e quella dell’uomo stesso.

Alla luce della preoccupante situazione è oggi diventato di primaria importanza comprendere se e quanto le attività antropiche danneggino un determinato ecosistema, introducendovi sostanze inquinanti. Il monitoraggio ambientale è la risposta a questa necessità. Esso è, per definizione, la sistematica raccolta di dati quali-quantitativi effettuata con metodiche predefinite e con scopi di controllo dello stato ambientale. In principio il monitoraggio era unicamente di tipo chimico-fisico, avveniva cioè tramite l’analisi delle sole caratteristiche abiotiche di un ecosistema. Successivamente i ricercatori cominciarono a prendere in analisi i fattori biotici, dando vita al biomonitoraggio, cioè la regolare e sistemica valutazione dell’ambiente mediante metodiche scientifiche che utilizzano specie animali o vegetali per misurare l’impatto degli agenti inquinanti sui vari ecosistemi.

Tra i vantaggi del biomonitoraggio vi sono: la possibilità di valutare eventuali effetti sinergici dei diversi contaminanti sull’organismo; migliori livelli di rilevabilità per alcune sostanze [i livelli dei contaminanti nell’organismo bioaccumulatore sono spesso di diversi ordini di grandezza superiori a quelli del mezzo in cui si trova (acqua, aria, sedimento)]; economicità, in particolare su tempi lunghi e su aree vaste, in caso di inquinamento diffuso.

Se risulta in grado di evidenziare le variazioni ambientali in cui vive, una specie può essere definita “bioindicatrice”.

Negli anni molti organismi sono stati impiegati negli studi di biomonitoraggio. Come ampiamente documentato in letteratura, negli studi di biomonitoraggio dell’inquinamento atmosferico, tra gli organismi più utilizzati ci sono i licheni, il cui metabolismo dipende prevalentemente da quanto presente in atmosfera. Un altro esempio di specie sentinella sono i mitili, impiegati per il monitoraggio della qualità delle acque marine costiere, per la capacità di accumulare metalli pesanti, sostanze organiche e microrganismi patogeni. Caratterizzati da un grande numero di specie, in grado di adattarsi alle più impervie situazioni, anche molti insetti sono utilizzati come indicatori ambientali. Un esempio importante tra loro è sicuramente l’ape domestica (Apis mellifera L.). Le api sono degli ottimi indicatori biologici perché segnalano il danno chimico dell'ambiente in cui vivono sia attraverso l'alta mortalità, nel caso dei pesticidi, sia attraverso i residui che si possono riscontrare nei loro corpi, o nei prodotti dell'alveare, nel caso degli antiparassitari e di altri agenti inquinanti come i metalli pesanti e i radionuclidi. I vertebrati superiori vengono impiegati per monitoraggi su larga scala. Gli uccelli, in particolare, sono utilizzati per la pianificazione d’uso del territorio e della sua qualità ambientale. Poiché uccelli e mammiferi si trovano ai vertici della piramide alimentare, sono direttamente influenzati dalle popolazioni di specie animali da loro predate, presentando, quindi, una particolare valenza ecologica.

L’inquinamento ambientale e le recenti emergenze sanitarie legate alla cattiva gestione del territorio (es. diossina, pesticidi, ecc.) hanno determinato una progressiva consapevolezza dell’importanza della qualità dell’ambiente per la tutela della salute pubblica. In questo contesto il biomonitoraggio svolge un ruolo chiave poiché, spesso, alcune specie animali evidenziano precocemente la contaminazione dell’ambiente.