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Tempi duri per il felide più amato dall’uomo

di Claudia Cerracchio* e Filomena Fiorito

Tra i microrganismi patogeni, i virus, per definizione, necessitano di un ospite. Il che spiega come animali, uomo incluso, e virus si siano spesso evoluti contestualmente. Sia l’uomo che l’animale possono ospitare, infatti, virus che sono in grado di replicare e diffondersi. Dalla fine del 2019, è emerso il nuovo coronavirus SARS-CoV-2, responsabile della sindrome respiratoria acuta grave. La malattia, nota come COVID-19 (Corona Virus Disease 2019), ha assunto carattere pandemico nell’uomo. Da subito, l'infezione da SARS-CoV-2 è stata rilevata anche in alcuni animali. Finora, l’infezione naturale è stata segnalata in diverse specie di mammiferi, sia domestici che selvatici, tra cui gatti, cani, criceti, furetti, visoni, lontre, scimmie, gorilla, cervi dalla coda bianca, iena, lince e ippopotamo). Inoltre, è stato evidenziato che felidi (gatto, leone, tigre, leopardo delle nevi, puma), furetti, criceti, pipistrelli della frutta, visoni, cani procione e cervi dalla coda bianca possano diffondere la malattia ad altri animali della stessa specie. SARS-CoV-2 è un membro della famiglia Coronaviridae, ha un genoma a RNA a singolo filamento, a polarità positiva. Queste caratteristiche consentono al virus di andare incontro a frequenti mutazioni, generando nuove varianti, che potrebbero modificarne il grado di virulenza, nonché il tropismo e la capacità di infettare nuovi ospiti, dando luogo al cosiddetto salto di specie. I coronavirus sono noti da anni in medicina veterinaria. Per ciascuna specie animale, da compagnia o selvatica, è noto almeno un coronavirus. Si ritiene che la maggior parte delle infezioni emergenti e ri-emergenti siano zoonosi, vale a dire trasmesse da animali vertebrati all’uomo. Tuttavia, la trasmissione di SARS-CoV-2, mediante zoonosi inversa, ovvero il passaggio del virus dall’uomo all’animale, è stata segnalata in molteplici specie. La guida per segnalare casi di animali infetti da SARS-CoV-2 all'Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (WOAH, OIE) è disponibile sul sito www.woah.org. Tra i pets, il gatto è da sempre uno degli animali più amati dall’uomo.

Numerose sorveglianze epidemiologiche, eseguite in vari Paesi, hanno evidenziato il rilevamento di SARS-CoV-2 nel gatto domestico. I risultati di tamponi molecolari indicano una elevata suscettibilità dell’animale al virus e le analisi sierologiche hanno confermato il rilevamento di anticorpi anti-SARS-CoV-2. Durante l’infezione, nell’animale, talvolta asintomatico, sono stati descritti segni respiratori lievi, starnuti, ma anche dispnea, sintomatologia gastroenterica, lieve letargia, anoressia, cardiomiopatia ipertrofica, trombocitopenia. Tra i vari studi eseguiti sul gatto, si ritiene siano di grande interesse i risultati di un’indagine effettuata in Thailandia, pubblicati su Emerging Infectious Diseases a luglio 2022 (www.cdc.gov/eid). Nell’Agosto 2021, i proprietari di un gatto (padre e figlio) furono ricoverati per COVID-19 nell’ospedale universitario Prince of Songkhla, distante circa 900 km dalla loro città Bangkok per mancanza di posti letto. Il viaggio di trasferimento, durato 20 ore, venne effettuato in ambulanza in presenza del loro gatto. All'arrivo, i pazienti furono immediatamente trasferiti in un reparto di isolamento ed il gatto fu visitato nell’ospedale veterinario della stessa Università. L’animale, che appariva clinicamente sano, venne sedato e sottoposto al prelievo di tamponi nasale e rettale. La visita fu eseguita da tre medici veterinari che indossavano guanti monouso e maschere N95, ma non visiere o occhiali protettivi. Durante il prelievo del tampone nasale, il gatto sedato starnutì a stretto contatto con il viso del medico veterinario, una donna di 32 anni. Tre giorni dopo l'esposizione al gatto, la veterinaria, che viveva da sola nel Campus Universitario e non aveva avuto contatti stretti con i proprietari del gatto o con altri casi positivi, divenne sintomatica, mentre risultarono negativi i suoi due colleghi che avevano assistito alla visita del felino. Nell’animale testato, l'RNA di SARS-CoV-2 venne identificato nei campioni prelevati. Per esplorare la potenziale fonte di infezione, fu eseguito il sequenziamento genomico di SARS-CoV-2 dei campioni ottenuti dall’animale e dalle persone che erano state a stretto contatto con il gatto (proprietari e medici veterinari). L’analisi genomica ha confermato la trasmissione del virus dai due proprietari al gatto. Tuttavia, il sequenziamento del campione appartenente alla veterinaria mostrava un profilo simile a quello riscontrato nel gatto visitato, il che suggerisce una possibile esposizione per via congiuntivale al virus espulso dal gatto. Sebbene la trasmissione di SARS-CoV-2 da animale domestico a uomo sia considerata un evento relativamente raro, questo studio ipotizza che ciò possa essere accaduto. Nonostante l’episodio di infezione umana dal gatto, inizialmente infettato mediante il contatto con persone infette, i risultati si basano su un solo caso e non indicano se gli animali possano trasmettere effettivamente la malattia all'uomo.  

* dottoranda in Scienze Veterinarie DMVPA