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Gras...Si o No?

di Marika Di Paolo e Raffaele Marrone


«I grassi fanno male». Questa è un’affermazione che spesso sentiamo e di cui oramai siamo saturi, come i grassi che stiamo per trattare. Negli ultimi anni il grasso alimentare è stato oggetto di molte crociate mediatiche, ma non molti sanno che in una dieta equilibrata il semplice “fat-free” o il mettere sotto accusa questi macronutrienti non ricorda nemmeno lontanamente il “mangiare sano” per cui tanto si battono.

È risaputo che l'assunzione di carne e prodotti a base di carne, a causa del loro alto contenuto di acidi grassi saturi, è fortemente associata ad elevate concentrazioni di colesterolo nel sangue e ad un aumentato rischio di ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari. Non dimentichiamo però che il colesterolo prodotto dal fegato, misurato nel sangue, deriva anche da altri alimenti come zuccheri e cereali raffinati.

Per questo seguendo una dieta “Low Fat” spesso si rischia di consumare troppi zuccheri, il cui accumulo potrebbe generare il colesterolo “cattivo” (LDL). Non tutti i grassi saturi hanno gli stessi effetti sulla salute, tanto che l’Agenzia Francese per la Sicurezza Alimentare (ANSES) ha distinto i livelli raccomandati di assunzione dietetica degli acidi laurico, miristico e palmitico (non superiori all’8% delle calorie totali giornaliere) da quelli degli acidi grassi saturi totali (12%).

Questa distinzione risulta chiaramente non praticabile nella dieta quotidiana, in quanto gli alimenti forniscono una miscela di acidi grassi saturi di diversa lunghezza e le etichette nutrizionali non riportano tale dettaglio. Dunque, come comportarci? L'American Heart Association (2017) suggerisce di ridurre l'apporto di grassi saturi ed aumentare il consumo di grassi monoinsaturi e polinsaturi perché capaci di ridurre l’incidenza delle malattie cardiovascolari.

Tuttavia, non bisogna generalizzare perché anche per i grassi “buoni” è necessario chiarire alcuni aspetti. Gli acidi grassi Omega 6 e Omega 3, derivati da oli vegetali e pesce azzurro, hanno attività antagonista, per cui è necessario che nella dieta ci assicurato un rapporto di 4:1. Infatti gli Omega 6 favoriscono l'innesco dell'infiammazione mentre gli Omega 3 ne favoriscono la regressione. L’alimentazione dell’uomo moderno è sbilanciata verso gli Omega 6 poiché risultano più abbondanti nella dieta occidentale contemporanea. Questo squilibrio stimola la tendenza all’infiammazione cronica, mettendo in luce la potenziale pericolosità di tali elementi che possono aumentare il rischio di malattie autoimmuni incidendo sul rischio cardiovascolare.

È chiara, dunque, la necessità di conoscere più approfonditamente gli alimenti e i loro costituenti al fine di poter effettuare scelte alimentari consapevoli ed equilibrate.

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