di Maria Francesca Peruzy e Nicoletta Murru
L’antibiotico-resistenza è la capacità dei microrganismi di resistere a farmaci un tempo efficaci. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la indica tra le dieci principali minacce alla salute globale (WHO, Antimicrobial resistance, 2023). Ogni anno, solo tra Europa e Stati Uniti, si stimano circa 50.000 morti per infezioni non più curabili. Non è un problema confinato agli ospedali: riguarda anche gli allevamenti, l’ambiente e la nostra tavola.
Per anni gli antibiotici in campo veterinario non sono stati usati solo a scopo terapeutico, ma anche per prevenire malattie e stimolare la crescita degli animali, favorendo così la diffusione di ceppi microbici resistenti. L’Europa ha reagito con decisione: dal divieto dei promotori della crescita nel 2006 (Regolamento UE 1831/2003) alle ulteriori restrizioni in vigore dal 2022 introdotte con il Regolamento (UE) 2019/6 sui medicinali veterinari.
Ma cosa c’entra l’antibiotico-resistenza con la sicurezza alimentare? La salute pubblica può essere minacciata non solo da residui di farmaci, ma anche dalla presenza di microrganismi resistenti negli alimenti. Sul primo punto i consumatori possono essere rassicurati: carne, latte e uova non contengono residui nocivi. Tra l’ultima somministrazione e la vendita deve trascorrere un periodo di attesa stabilito per legge, e i controlli ufficiali dimostrano che i casi di non conformità sono oggi rarissimi. Da questa prospettiva il consumatore è tutelato.
Il vero rischio deriva dai batteri resistenti. L’uso improprio di antimicrobici ha favorito microrganismi capaci di sopravvivere e adattarsi, diffondendosi nel suolo, nelle acque e nella fauna selvatica, arrivando fino ai prodotti ittici e contaminando la filiera alimentare durante la mungitura e la macellazione degli animali e la trasformazione dei prodotti che ne derivano.
Ricerche del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzate in collaborazione con istituti di ricerca nazionali ed internazionali, hanno isolato ceppi resistenti non solo da animali allevati, ma anche da selvaggina, pesce, alimenti trasformati e perfino dall’uomo. I dati, soprattutto su Salmonella e Listeria, mostrano che una quota rilevante di isolati è resistente a più classi di antibiotici.
Affrontare questa emergenza richiede un approccio integrato One Health, che unisca salute umana, animale e ambientale. Le priorità sono chiare: prevenire le infezioni, monitorare i germi resistenti, usare i farmaci in modo idoneo, sviluppare nuove molecole e test diagnostici, e puntare su alternative come probiotici, prebiotici, fagi, estratti vegetali, oli essenziali o immunomodulatori. Solo così difenderemo l’efficacia degli antibiotici, pilastro della medicina moderna.
Fonti
World Health Organization (WHO). (2023). Antimicrobial resistance. Geneva: WHO. Retrieved from https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/antimicrobial-resistance