di Emanuele D’Anza in collaborazione con Salvatore Montemurro*
“Il cane morde! È aggressivo”.
“Il mio cane mi ha morso e ora non so più cosa fare, lo rifarà”.
“Non mi sarei mai aspettato da questa razza un comportamento simile”.
Espressioni molto popolari, sentite centinaia di volte che rappresentano la punta di un immenso iceberg di quella che è la percezione di un argomento da sempre discusso e che, spesso, attira anche i titoloni dei giornali: l’aggressività del cane.
Non parlerò di Pit Bull e non parlerò di razze pericolose -specifico pericolose, e non aggressive, che è ben diverso. Partiamo da un presupposto: ogni individuo, uomo o animale che sia, è dotato di una serie di caratteristiche che può esternare al momento del bisogno, tutte gestite da meccanismi biologici che includono la genetica, la neurochimica e la fisiologia. Genetica, questa sconosciuta! "Molti la temono, eppure non esitano a parlarne in continuazione. La conoscenza effettiva della genetica permetterebbe di comprendere molti eventi come, ad esempio, la conoscenza del comportamento di un animale o arrivare alla prevenzione di malattie. Inoltre, ci accompagna nell’approfondimento di quelli che sono i meccanismi che possono nascondersi dietro caratteristiche etologiche di razza, atteggiamenti particolari o azioni compiute da un cane che, forse, non conosciamo poi così bene.
Altro luogo comune da sfatare è accomunare il cane al lupo. È importante sapere che il Canis lupus (il lupo) e il Canis lupus familiaris (il cane) hanno un antenato comune e mantengono tantissime caratteristiche genetiche intrinseche, ma la selezione praticata sul cane ha portato alla creazione di fenotipi estremamente diversi e anche alla manifestazione di comportamenti specifici. Ad esempio, il cane ha la capacità di interagire con l’uomo e il lupo non ne è assolutamente dotato.
Nell’ultimo secolo, molti cani sono stati selezionati secondo gusto personale senza seguire criteri di salute e benessere. Siamo passati, quindi, dall’antenato del cane simile al lupo al Chihuahua toy da borsetta, dall’uso del cane per la caccia e/o per la difesa di uomini e bestiame al cane da “compagnia” o “modaiolo” e continuiamo comunque a dimenticare che conservano quella memoria genetica ancestrale che, al momento più o meno opportuno, può sempre emergere. I comportamenti aggressivi che ritroviamo nei cani da compagnia hanno spesso lo scopo di difendere risorse ambite come cibo, cuccioli e giocattoli o si verificano come forme di autodifesa generate dalla paura e possono quindi definirsi “forze finalizzate ad allontanare possibili pericoli”.
Possiamo definire l’aggressività, quindi, come la capacità di un individuo di reagire a un impulso, una modalità per poter uscire da una situazione più o meno complicata. È una capacità innata o acquisitada non considerare come un atteggiamento negativo, ma come una caratteristica neutra alla quale dare un senso, anche e soprattutto, positivo.
La genetica dell’aggressività nel cane è un campo di studi complesso e ancora in evoluzione. I risultati sono ancora controversi ma alcuni studi hanno identificato una serie di varianti genetiche che potrebbero essere associate a comportamenti aggressivi.
I geni che vengono studiati per descrivere l’aggressività nel cane sono gli stessi dell’uomo, perché intervengono nelle medesime funzioni fisiologiche. MAO-A, ad esempio, è un gene che interviene sul metabolismo della serotonina, l’ormone della felicità. È accertato che una sua mutazione può indurre modifiche del comportamento e far sviluppare una maggiore aggressività, inoltre, essendo localizzato sul cromosoma X, sono i maschi ad esprimere maggiormente questa caratteristica. Il gene DRD2 che codifica per un recettore della dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nel controllo delle emozioni e dei comportamenti, si è visto essere associato ad alcuni comportamenti scatenati dalla paura in razze come l’Irish Soft Coated Wheaten Terrier e il Collie.
I genetisti definiscono un individuo come la somma delle interazioni del suo genoma e dell’ambiente che lo circonda. Un cane al quale verrà assicurato un ambiente idoneo e una corretta gestione, pur presentando un corredo genomico predisposto a sviluppare problematiche di aggressività, potrebbe tranquillamente non manifestarle per tutta la sua vita. Quello che va sempre considerato, prima di continuare ad alimentare presunte bufale o leggende metropolitane sull’aggressività, è capire se si è in grado di accudire un animale e scegliere, con l’aiuto di professionisti e tecnici del settore, il migliore soggetto compatibile alle proprie attitudini. L’unico vero modo per evitare di creare sofferenze che coinvolgeranno sia il cane che coloro che se ne dovranno occupare.
*esperto cinofilo e presidente del Pit Bull Syndicate Italy