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Nutrizione e nutrizionismo: il caso delle proteine

di Barbara Piccirillo* e Serena Calabrò

L’alimentazione è un’esigenza fisiologica imprescindibile alla vita umana, animale e vegetale per l’approvvigionamento dei nutrienti (carboidrati, proteine, vitamine, grassi e minerali). Negli ultimi decenni il ruolo degli alimenti di origine animale nelle diete umane è diventato un campo di battaglia ideologico. La ragione di ciò sembrerebbe essere avallata dalla preoccupazione generale della popolazione, dall’attivismo per i diritti degli animali, dagli interessi acquisiti dalle corporazioni alimentari e dalle distorsioni dei mass media (Leroy et al., 2022). Il nutrizionismo è un’ideologia che trova riscontro solo parziale nella realtà, e talvolta si scontra con la scienza della nutrizione. Tale ideologia ritiene le proteine di origine animale una categoria alimentare intrinsecamente dannosa che deve essere ridotta al minimo nella dieta dell’uomo, al contrario, quelle di origine vegetale sarebbero da prediligere per gli effetti benefici sulla salute che garantiscono all’organismo. Proviamo a fare chiarezza.

Le proteine sono i principali composti organici presenti in tutti i tessuti corporei e rivestono un ruolo plastico (nelle membrane cellulari di organi e tessuti), meccanico (nei peli e unghie, tessuto osseo e pelle), catalitico (come enzimi nelle reazioni chimiche), anabolico e catabolico. E ancora, costituiscono ormoni, svolgono trasporto attivo per il passaggio di substrati nel sangue, azione immunitaria e permettono di mantenere adeguato il livello di fluidi organici. Le proteine sono costituite da amminoacidi e tra questi dieci sono definiti ‘essenziali’: devono, cioè, essere necessariamente introdotti con la dieta perché l’organismo non è in grado di costituirseli da sé. Per essere definita ‘ad elevato valore biologico’ la proteina deve avere un profilo amminoacidico comprensivo di tutti gli amminoacidi essenziali. Negli alimenti, sono presenti anche sostanze azotate non proteiche (ammoniaca, purine, gli acidi nucleici, nitrati). Nell’alimentazione dell’uomo, come in quella degli animali, le fonti azotate possono essere di origine animale o vegetale e contenere azoto in forma proteica o non proteica.

Le proteine di origine animale derivano da carne, pesce, latte e uova e dai loro derivati. Questi alimenti sono composti da un’elevata quantità di proteine, di elevato valore biologico (o ‘nobili’). Oltre all’elevato tenore in proteine (20%) e amminoacidi (soprattutto arginina e amminoacidi ramificati), la carne è un’ottima fonte di vitamine (tiamina, riboflavina, niacina e vitamina B12), composti bioattivi (creatina, creatinina, acido linoleico coniugato) e minerali (ferro, zinco, rame e selenio). Il pesce, ricco di acidi grassi della serie omega-3, è un’ottima fonte di proteine (18-20%), che risultano legate a micronutrienti come iodio, calcio, rame, magnesio, selenio, sodio e ferro-eme che vengono assorbiti più agevolmente rispetto a quelli delle proteine vegetali. Il latte bovino contiene mediamente 3,4% di proteine (80% rappresentate da caseine α1, β1, β e κ), caratterizzate da un buon valore biologico contenendo triptofano, metionina e treonina. Le uova, per la loro composizione amminoacidica, hanno proteine d’eccellenza; la principale è l’albumina, che costituisce il 70% delle proteine dell’albume. Gli alimenti di origine animale forniscono in media il 28% degli apporti proteici globali anche se nei Paesi “sviluppati” tale valore si attesta intorno al 40% (Baldi et al., 2016).

La maggior parte degli alimenti di origine vegetale ricchi di proteine derivano dai semi delle Leguminose (es. soia, favino, pisello proteico, lupino, lenticchie, ceci, fave, fagioli). Nell’alimentazione degli animali vengono utilizzati anche i foraggi appartenenti alla stessa famiglia (es. erba medica, trifoglio, lupinella, veccia, sulla). Tutte le leguminose sono ricche di azoto (e quindi di proteine) perché le loro radici entrano in simbiosi con batteri azoto-fissatori del genere Rhizobium spp. Tutte le proteine di origine vegetale (legumi, cereali, ortaggi, frutta secca e alghe) presentano più basso valore biologico in quanto spesso sono carenti in uno o più amminoacidi essenziali; hanno, inoltre, una minore digeribilità e sono spesso accompagnate da fattori anti-nutrizionali. I legumi sono un’ottima fonte di lisina, ma scarseggiano di altri amminoacidi essenziali, i quali, se conservati o trattati - ad esempio con calore - si alterano con compromissione delle proprietà nutrizionali. La soia, una leguminosa non di produzione locale - perché i nostri terreni non sono adeguati alla sua coltivazione - ma importata dal Sud America dove è soggetta a modifiche genetiche, presenta elevati livelli di lisina e triptofano ma scarsi di metionina. Tra i cereali: il frumento manca in lisina e metionina e ha un valore biologico del 50% rispetto al latte; riso, orzo, avena e farro presentano proteine di scarsa qualità ma contengono una buona dose di carboidrati, vitamine e minerali. Invece ortaggi come broccoli, carciofi, cavolfiori, asparagi, spinaci, peperoni e patate, mostrano un buon contenuto proteico. Lafrutta secca(pistacchi, noci, arachidi, nocciole e mandorle) fornisce proteine, vitamina E e minerali. Un aiuto proteico viene anche dal mare ovvero le alghe (es. la spirulina), ancora poco utilizzate nella cucina occidentale.

In generale, la biodisponibilità e l’assimilazione delle proteine dipende da molteplici fattori strettamente interconnessi: tipologia di alimento, stato nutritivo e patrimonio genetico dell’individuo, eccesso o difetto del nutriente all’interno della dieta. Affermazioni generali sulle proteine di origine vegetale o animale risultano riduttive a fronte della valutazione degli specifici alimenti consumati.

Per il nutrimento degli animali, considerando l’elevato accrescimento demografico, l’esaurimento delle possibili risorse, nonché il contesto sociopolitico conflittuale che sta coinvolgendo potenze mondiali, l’aumento notevole dei costi delle materie prime e l’ingente cambiamento climatico, la comunità scientifica sta indirizzando considerevoli sforzi e finanziamenti per la ricerca di fonti proteiche alternative per l’alimentazione degli animali, cercando anche di valorizzare l’aspetto territoriale. Inoltre, la crescente attenzione del consumatore verso prodotti con caratteristiche di salubrità e qualità dietetico-nutrizionale, ha indotto gli allevatori ad intraprendere nuove strategie e tecniche per soddisfare le esigenze del mercato. In Italia, si sta cercando di rivalutare razze rustiche autoctone (Podolica, Chianina, Marchigiana, Maremmana e Romagnola) che si prestano maggiormente ad essere allevate al pascolo, favorendo una composizione chimico-nutrizionale della carne di notevole interesse qualitativo. Relativamente all’utilizzo della farina di estrazione di soia (sottoprodotto industriale derivante dall’estrazione dell’olio con solventi chimici), il più diffuso mangime proteico vegetale per l’alimentazione animale, l’Unione Europea sta ricercando risoluzioni per svincolarsi dalla sua dipendenza, valutando possibili alternative (favino, pisello proteico, lupino) attraverso specie ben adattate al clima mediterraneo e alle caratteristiche del suolo, che, malgrado il minor contenuto proteico, rappresentano una soluzione locale e un valido sostituto nell’alimentazione degli animali da reddito, anche in sistemi di allevamento biologico.

La ricerca nel campo delle produzioni zootecniche nell’ottica della Global Health sta volgendo un particolare sguardo alla salvaguardia dell’ambiente, del benessere animale e della salute umana. La scelta della privazione completa degli alimenti di origine animale non è l’opzione più idonea. Lo scenario globale del prossimo ventennio richiederà una rivisitazione delle politiche e degli investimenti che dovranno mirare ad una migliore efficienza nel convertire le risorse naturali in alimenti riducendo gli sprechi in un contesto di economia circolare. Tra le soluzioni proposte vi sono i novel food (farina di insetti), la carne prodotta in vitro e in un futuro non troppo lontano non è escluso possa ritornare l’utilizzo delle proteineanimali trasformate (PAP).

La questione non è semplice. La quantità e la qualità della dieta, la fonte di cibo, lo stile di vita e le esigenze specifiche degli individui giocano un ruolo importante sulla salute ma anche per individuare un alimento o nutriente come problematico oppure no. Le diete dovrebbero fornire la migliore combinazione di nutrienti di origine animale e vegetale re-enfatizzando le diete sane come esperienza condivisa di convivialità, distaccandosi dagli alimenti ultra-lavorati e dal dogma incentrato sui nutrienti e adattando la produzione agricola alle risorse ecologiche di ciascuna regione.

 

Fonti:

  1. Leroy F., Beal T., Gregorini P., McAuliffe G.A., van Vliet S. (2022) Nutritionism in a food policy context: the case of ‘animal protein. Animal Production Science 62(8): 712-720. DOI:10.1071/AN21237
  2. Baldi A., Gottardo D., Giromini C. (2016) Proteine Animali: una previsione della domanda globale nei prossimi 20 anni. La rivista di nutrizione pratica. N°10 Aprile, pp. 20-21.

 

*Dottoranda in Scienze Veterinarie