Giulia Bracale1, Martina Mennella1, Emmanuelle Mongillo1, Francesca Ciani2, Annarita Falanga3, Stefania Galdiero4
1Liceo Scientifico e Linguistico Elio Vittorini, 2Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, 3Dipartimento di Agraria, 4Dipartimento di Farmacia
In occasione delle celebrazioni degli 800 anni dalla fondazione dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, non possiamo dimenticare la storia di Maria Bakunin, grande scienziata federiciana, celebre per il suo contributo rivoluzionario alla storia della scienza e all’emancipazione femminile. La carriera di Maria Bakunin si sviluppò principalmente all’Università di Napoli Federico II.
Figlia terzogenita di Antonina Kwiatkowska e del celebre filosofo rivoluzionario anarchico russo Michail Bakunin, nacque a Krasnojarsk, nella Russia siberiana centrale il 2 febbraio del 1873. Poco dopo la nascita di Maria, i Bakunin si trasferirono in Svizzera, nei pressi di Locarno, ospiti dell’anarchico Carlo Cafiero. Dopo la morte del padre (allora Maria aveva solo tre anni), Antonina si ritrovò vedova con tre bambini da crescere. La famiglia fu costretta a trovare un nuovo luogo di residenza, e scelse Napoli. Qui diventò amica di Carlo Gambuzzi, avvocato di simpatie socialiste e amico fraterno di Michail. Invitandola nella sua villa di Capodimonte a Napoli con i bambini, fu lui a offrirle sostegno. La simpatia divenne presto amore e la coppia convolò a nozze. Maria, chiamata "Marussia" da familiari e amici, crebbe in un ambiente protetto, prospero e ricco di stimoli intellettuali.
I fratelli Bakunin Carlo, Sofia e Maria vissero a Napoli, trovando in Carlo Gambuzzi un "tenero padre" che accompagnò la loro crescita e sostenne i loro studi. Maria studiò al liceo Umberto I, e già da subito si rivelò un’ottima studentessa, purtroppo però, la vita affettiva dell’adolescente fu funestata dalla scomparsa della madre nel 1887 (che morì di tisi). Con la sua morte, si recisero i legami di Maria con le origini russe e polacche. La giovane, curiosa fin da piccola, crebbe coltivando la passione per la scienza, rifugiandosi nei libri per sfuggire al dolore del lutto, a soli 17 anni, divenne “preparatrice” presso l’Istituto di Chimica di Napoli.
Iniziò a frequentare l’Università di Napoli Federico II, dove nel 1895 (a 22 anni!) conseguì la laurea in chimica discutendo una tesi sulla stereochimica, disciplina che si occupa delle proprietà dei composti in relazione alla disposizione nello spazio degli atomi che costituiscono le molecole. Suo relatore era il chimico Agostino Oglialoro-Todaro. La collaborazione con il suo professore e mentore durante la stesura della tesi andò oltre la mera condivisione di interessi scientifici e il semplice consiglio. Nello stesso anno, infatti, Maria e Agostino decisero di sposarsi. Gli anni trascorsi con il marito furono un periodo proficuo e stimolante per il continuo apprendimento.
Nel 1906, Maria Bakunin iniziò il suo incarico come docente di Chimica organica presso la Scuola Superiore Politecnica di Napoli. Durante questo periodo, fu testimone dell'eruzione del Vesuvio, che suscitò il suo interesse e la spinse a condurre un'analisi approfondita dei materiali espulsi. Successivamente, il governo italiano le offrì l'opportunità di contribuire alla creazione della carta geologica d'Italia. Questa proposta le permise di visitare aree del territorio italiano e di studiare le caratteristiche chimico-biologiche del suolo. I suoi studi si concentrarono sugli "scisti bituminosi", rocce dolomitiche stratificate e scure a causa dell'abbondante presenza di materia organica, o kerogene, e dei resti fossili di pesci. Questa ricerca portò all'avvio della produzione di ittiolo nei Monti Picentini, nell'area salernitana. Maria Bakunin sviluppò anche un metodo completamente originale per la ciclizzazione, una reazione chimica basata sull'anidride fosforica.
Donna brillante e determinata, emerge dalle rare immagini ufficiali come una figura sorridente, con i capelli brizzolati raccolti in una crocchia, che non amava troppo l'attenzione dei riflettori: il suo mondo era piuttosto l'ambiente accademico, il laboratorio e gli studenti. Nel 1912, vinse un concorso come Professore Ordinario di Chimica tecnologica applicata presso la Scuola Superiore Politecnica di Napoli, diventando così la prima donna a ricoprire tale incarico nel nostro Paese. Maria era una donna di grande carisma, di forte personalità, di carattere deciso, aveva fama indiscussa di estrema severità, la gente ne aveva grande riguardo, ne apprezzava l’onestà intellettuale e ne giustificava il cipiglio, la durezza, i modi spesso bruschi. Va però anche ricordata l’attività a favore degli studenti napoletani affetti da tubercolosi e l’attenzione prestata alla promozione umana, sociale e professionale delle ragazze, che, in anni in cui il diritto allo studio era profondamente negato al genere femminile, come in quelli del fascismo, furono da lei tutelate ed aiutate a percorrere nuove strade. Negli anni immediatamente successivi alla sua laurea si ebbe un grande incremento nelle immatricolazioni e nelle lauree di giovani di origine russa. Si trattava presumibilmente di figlie di esuli che in quegli anni erano soccorsi a Napoli da compatrioti più fortunati, fra questi Sofia Bakunin, la sorella di Maria, che per qualche tempo fu presidentessa di un Comitato Pro Russi Poveri, che aveva sede nei pressi di Via dei Mille.
Per i suoi impegni cosmopoliti, venne ricordata come grande spirito, e talmente fu l’ammirazione e l’affetto delle persone nei suoi confronti, che se ne ebbe testimonianza anche dopo la sua scomparsa – il 17 aprile 1960 – ai solenni funerali, di cui si fece carico l’Ateneo. Centinaia di persone seguirono il feretro, che su di un cocchio trainato da quattro morelli con pennacchio e cocchiere in livrea, abbracciò in un percorso circolare i luoghi dove Maria aveva vissuto ed operato per tutta la vita.
«Il Suo ricordo rimarrà sempre vivo nel cuore di quanti illuminò con la luce del Suo sapere e beneficò con lo slancio della Sua anima generosa».
La Bakunin non andò mai fuori ruolo perché, per meriti speciali e in considerazione del periodo bellico fascista, le fu consentito di insegnare fino alla quiescenza (ed oltre i 75 anni), un evento nefasto come può essere la guerra, permise a Maria di proseguire con la sua passione dell’insegnamento.
Circa gli insegnamenti, limitatamente ai corsi tenuti come titolare di cattedra, insegnò principalmente Chimica organica prima a Ingegneria dal 1912 al 1936, poi a Scienze a partire dal 1940 e fino alla quiescenza. A Ingegneria fu per un quadriennio (1936-40) titolare di Chimica industriale, prendendo il posto di Orazio Rebuffat.
La professoressa Bakunin in più non conosceva la fatica: correva dai banchi al laboratorio, e nel suo grande appartamento non rinunciava ad organizzare incontri conviviali frequentati da studiosi di chimica e da intellettuali: tutti i giorni, intorno alle 11.00, si ritrovava a far colazione e a discorrere di questioni scientifiche e culturali coi suoi ospiti. “I cibi erano molto semplici e sempre gli stessi”, racconta Nicolaus, “pasta nera scondita, carne di cavallo e patate lesse, un caffè di semi da lei stessa tostati. All’inizio tre o quattro gatti balzavano sul grande tavolo e finivano col mangiare nel piatto dell’ospite”. Convinta dell'importanza della formazione professionale come motore per la crescita tecnologica e culturale dell'Italia, nel 1914 Maria Bakunin ricevette l'incarico dal ministro Francesco Saverio Nitti di condurre una ricerca sul sistema educativo del Belgio e della Svizzera. Il suo obiettivo era comprendere come questi paesi strutturassero e finanziassero la formazione professionale. Dal suo resoconto emerge chiaramente l'idea che una buona formazione professionale possa verificarsi solo in un contesto con un sistema educativo solido e ben finanziato. Maria Bakunin era convinta che investire nell'istruzione professionale fosse cruciale per lo sviluppo e il progresso dell'Italia, e che l'esempio di Belgio e Svizzera potesse offrire preziose lezioni su come raggiungere tale obiettivo.
Nel 1944, venne nominata presidente della prestigiosa Accademia Pontaniana per le sue grandi qualità scientifiche e morali. Al suo fianco, il filosofo Benedetto Croce, suo amico di vecchia data. Nel 1947, entrò a far parte dell’Accademia dei Lincei, diventando la prima donna membro di questa istituzione nella classe delle scienze fisiche, matematiche e naturali.
Maria Bakunin visse un’esistenza densa e lunga, contribuendo ai progressi della chimica moderna e all’emancipazione femminile fino alla sua morte. Fu un genio dei suoi tempi che nonostante le difficoltà che la società del tempo le riservò, non si perse di spirito e riuscì a raggiungere i suoi obiettivi, è un esempio di dove si possa arrivare impegnandosi. Credendo in quello che si fa con tutte le forze.
In un mondo in cui troppo spesso le donne non comandano, non vengono notate, dove vengono considerate inferiori e meno intelligenti degli uomini, Maria Bakunin è stata un grande esempio di rivincita morale ed intellettuale, di donna capace e di punto di riferimento scientifico per tutta la comunità accademica. Aiutando ad abbattere i pregiudizi di genere, ha dimostrato che una donna può essere una scienziata (senza nulla da invidiare ai colleghi uomini), una rivoluzionaria ed un pilastro per la società.