di Serena Calabrò
È risaputo, l’Imperatore Federico II di Svevia, nel suo eclettismo, amava gli animali! Per ‘stupire il mondo’ si circondava di specie esotiche: leopardi, leoni, pantere, cammelli, e persino un elefante! Scrisse sull’arte della falconeria (De arte venandi cum avibus, 1260). Fu un impareggiabile allevatore di cavalli di razza Murgese.
È forse meno noto che quando governò il Sacro Romano Impero (dal 1215 al 1250), nel suo grande interesse per tutte le scienze, promosse tecniche avanzate di allevamento animale, contribuendo allo sviluppo della zootecnia in Europa, e in alcune regioni del Meridione d’Italia (Puglia, Sicilia, Calabria, Campania). Federico si interessò dell'allevamento di specie animali utili per la produzione di cibo (bovini, ovini, suini) promuovendo una serie di politiche (incentivi agli agricoltori, protezione dei diritti dei contadini) che ne favorirono lo sviluppo. Incoraggiò anche la caccia e l'allevamento di animali da pelliccia (conigli e volpi), per sostenere l'industria della moda e il commercio di pellicce. Istituì norme e regolamenti per garantire l'igiene durante la produzione e la lavorazione del latte, al fine di assicurare sicurezza e salubrità dei prodotti lattiero-caseari (Chronica Majora, Matteo Paris XIII sec.).
Federico inoltre incoraggiava la ricerca scientifica nel campo dell'allevamento animale per migliorare la produttività e la qualità dei prodotti animali. La Zootecnia fu tra le prime discipline impartite presso la Scuola di Medicina Veterinaria di Napoli sul finire del XVI secolo. I primi maestri svilupparono principalmente le conoscenze sugli allevamenti equini, non trascurando tuttavia altre specie ‘la cui industria costituisce, peculiarmente nelle province meridionali, una delle principali sorgenti di ricchezza e prosperità’ (Aldo Cecio, Due secoli di Medicina Veterinaria a Napoli (1798-1998), Fridericiana Editrice Universitaria, 2000).
Nel raccontare le più significative attività zootecniche della Veterinaria a Napoli, occorre menzionare alcuni illustri professori. Salvatore Baldassarre, che nei primi anni del 1900 prese la cattedra di Zootecnia e la direzione della Scuola, con le sue idee considerate quasi rivoluzionarie la Scuola napoletana si affermò sul territorio nazionale e non solo. Fu osservatore profondo e sperimentatore geniale, rivolse la sua attenzione all'arte dell'allevamento di cui divenne sommo cultore. I suoi sforzi furono rivolti a compensare il divario esistente tra gli insegnamenti teorici, che fruivano degli esempi di una zootecnica avanzata d'Oltralpe, e la realtà meridionale radicata da sempre in antiche tradizioni.
A partire dagli anni ’50 emerge la figura di Beniamino Ferrara, professore ordinario Alimentazione animale, Direttore dell'Istituto di Zootecnia generale e poi Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria, e dei suoi allievi, Tullio Di Lella, scomparso prematuramente, e Luigi Zicarelli. Sono gli anni più critici della zootecnia italiana, quando i metodi tradizionali di allevamento transitavano verso quelli intensivi. Iniziano in quegli anni le ricerche sulla Bufala Mediterranea Italiana, specie fino ad allora completamente trascurata dal punto di vista scientifico, e che all'inizio degli anni ‘60 contava solo 20.000 capi (a fronte dei 436.000 capi registrati a dicembre 2023). L'allevamento della bufala, a lungo considerato sinonimo di zootecnia arretrata, fu promosso dal professore Giovanni de Franciscis che loritenne interessante per lo sviluppo economico e sociale della Campania. Numerosi e originali furono in questo periodo i contributi scientifici sulla bufala riguardanti la messa a punto di specifici piani alimentari, il miglioramento della resa di macellazione per la produzione della carne, la determinazione delle caratteristiche fisico chimiche del latte per incrementarne la produzione e migliorare la qualità nutrizionale e tecnologica della mozzarella, eccellenza italiana con un disciplinare DOP dal 1996.
Siamo a cavallo degli anni 2000, grazie al professore emerito Luigi Zicarelli - docente di Zootecnia, nonché Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria - per gli studi sulla bufala, la Zootecnia della Federico II diviene punto di riferimento a livello internazionale. L'impiego della doppia mungitura, gli studi sul profilo metabolico, la destagionalizzazione dei parti, l'applicazione della fecondazione artificiale e dell’embrio-transfer migliorano notevolmente le tecniche di allevamento della bufala.
Oggi i ricercatori della Zootecnica indagano su tematiche che riguardano la sostenibilità delle produzioni animali (corretta gestione dei pascoli, messa a punto di piani alimentari per valorizzare gli scarti agro-industriali e ridurre le emissioni di gas serra, utilizzo di fonti proteiche innovative, come la farina di insetti, nelle specie ittiche e avicole), la salvaguardia e valorizzazione della biodiversità zootecnica (sia attraverso il controllo citogenetico e genetico dell’efficienza produttiva e riproduttiva mediante lo studio di geni che ne regolano il funzionamento, sia attraverso la realizzazione di marchi di garanzia e certificazione nazionali e comunitari per la valorizzazione dei prodotti di origine animale), l’avanzamento tecnologico negli allevamenti (proponendo sistemi di precisione per una più zootecnia più efficiente), la salute unica uomo-animale-ambiente (che passa attraverso la corretta gestione della fauna selvatica - ungulati selvatici, selvaggina da pelo e da penna indirizzati verso il mercato venatorio - e affronta la più complessa sfida della quantificazione dei Servizi Ecosistemici, sia nelle aree protette sia nei territori agro-silvo-pastorali liberi da vincoli, e attraverso il miglioramento dei prodotti di origine animale - sempre più considerati nutraceutici - impiegando la nutrigenomica).
Con l’entusiasmo di tanti giovani ricercatori zootecnici si affrontano oggi le sfide di un futuro non facile, che richiedono notevole impegno, approfondite conoscenze, e soprattutto una grande passione per gli animali, come quella che ci ha trasmesso il fondatore del nostro grande Ateneo.