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Nutrizione o Nutrizionismo: qual è la verità?

di Serena Calabrò

Il concetto di nutriente esiste sin dall’inizio dell'Ottocento, quando William Prout, medico e chimico inglese, identificò i tre principali ‘macronutrienti’ del cibo: proteine, lipidi, carboidrati. Successivamente, Justus von Liebig, scienziato tedesco tra i fondatori della chimica organica, aggiunse un paio di minerali e dichiarò che il mistero dell'alimentazione, cioè come il cibo si trasforma in muscoli ed energia, era risolto. Tuttavia, l'opinione generale che la scienza conoscesse molto bene i meccanismi dell'alimentazione non durò a lungo. Numerose e successive osservazioni portarono alla scoperta, a inizio Novecento, del primo gruppo di ‘micronutrienti’, che il biochimico polacco Casimir Funk battezzò ‘vitamine’. Queste molecole, in un primo momento isolate dai cibi e poi sintetizzate in laboratorio, guarivano da malattie (scorbuto, beriberi) con una convincente dimostrazione del potere della chimica e a partire dagli anni Venti, divennero di moda nella borghesia: si credeva favorissero la crescita dei bambini, una vita più lunga negli adulti e, come recita una frase dell'epoca, ‘una salute positiva in ognuno’.

Nella seconda metà del Novecento vi fu un graduale passaggio da un’alimentazione tradizionale a una basata sui ‘nutrienti’. Tra gli scienziati si diffuse l'opinione che il consumo di grassi saturi e colesterolo, provenienti in gran parte da carne e latticini, fosse responsabile dell'aumento delle malattie cardiovascolari del XX secolo e l’American Heart Association (1961) raccomandò una ‘dieta prudente’, povera di grassi di origine animale. Cominciò il potere del nutrizionismo, e termini come colesterolo, grassi saturi e polinsaturi, carboidrati, fibre, polifenoli, aminoacidi, flavonoli, carotenoidi, antiossidanti, probiotici e fitochimici colonizzarono gran parte dello spazio culturale precedentemente occupato da una sostanza tangibile un tempo conosciuta con il nome di cibo.

Ma qual è la differenza tra nutrizionismo e nutrizione? Nel primo caso siamo in presenza di un'ideologia, nel secondo di un argomento scientifico. Nel caso del nutrizionismo, il postulato comunemente accettato (ma non dimostrato!) è che la chiave della comprensione degli alimenti è il nutriente, quindi, gli alimenti sono essenzialmente la somma dei loro nutrienti. Il termine nutrizionismo fu riportato per la prima volta dal sociologo australiano Gyorgy Scrinis, nel suo saggio ‘Sorry Marge’ (2002), dove la margarina è vista come il prototipo del prodotto nutrizionista, in grado di mutare la propria identità (niente colesterolo un anno, niente acidi grassi trans l'anno dopo) a seconda di come gira il vento. Ma oltre le vorticose polemiche su burro e margarina, il messaggio alla base del dibattito è: L'alimentazione e il nostro corpo vanno considerati in termini dei loro componenti chimici e nutrizionali e delle nostre necessità, questo è tutto quanto bisogna sapere! Per questi ‘esperti’ lo scopo essenziale del mangiare è il conservare e migliorare la salute fisica. Questo modo riduzionista di pensare al cibo era stato precedentemente criticato da diversi scienziati, prima ancora di avergli assegnato un nome. In ogni epoca il nutrizionismo ha concentrato le sue energie su un nutriente dominante: nell'Ottocento le proteine, nel Novecento i grassi, e oggi pare sia la volta dei carboidrati. Come altre ideologie, il nutrizionismo si basa su una forma di dualismo: a seconda degli effetti sulla salute, deve esserci un nutriente cattivo, che gli adepti possano criticare aspramente, e uno salvifico, che possano santificare. Di più, il nutrizionismo sembra avere come regola che per ogni nutriente ‘buono’, che suscita il nostro entusiasmo, ce ne deve essere uno ‘cattivo’ sul quale focalizzare le nostre paure. Ed ecco che la storia del nutrizionismo moderno racconta di macronutrienti in guerra tra loro: proteine contro carboidrati, carboidrati contro proteine, carboidrati contro lipidi, lipidi contro carboidrati. All'ombra di queste lotte titaniche, poi, imperversano guerre civili minori: zuccheri raffinati contro fibre, proteine animali contro proteine vegetali, grassi saturi contro grassi polinsaturi. Attualmente, gli acidi grassi trans rivestono mirabilmente il ruolo di cattivo, gli omega-3 di buono, le fibre alimentari sono percepite come benefiche e i grassi saturi come nocivi. Inutile dire che una visione così assoluta è destinata ad alimentare mode e fobie.

In questo contesto il nutrizionismo lascia irrisolto il più ampio contesto alimentare, e ignora o minimizza contrastanti scoperte scientifiche relative ai nutrienti. Ciò si traduce in interpretazioni semplicistiche dei loro ruoli sulla salute e favorisce l'illusione del determinismo nutrizionale basato su relazioni uno-a-uno causa-effetto.

Inoltre, il nutrizionismo si manifesta quindi semplificando eccessivamente la scienza complessa e allo stesso tempo facendo appello all'autorità scientifica per aumentare la persuasione dei suoi messaggi chiave, costringendo successivamente le autorità sanitarie pubbliche, le organizzazioni dei consumatori e l'industria alimentare a un paradigma di lavoro fratturato. Questo ‘scientismo nutrizionale’ diventa uno strumento al servizio delle aziende alimentari, del marketing pubblicitario e, nel contesto della biopolitica, può portare ad impatti dannosi sul benessere della società.