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Bistecca “invecchiata” oppure “rinata”?

di Marika Di Paolo, Gerardo Buono*, Raffaele Marrone

Bracerie, ristoranti e macellerie oggi più di ieri accolgono i clienti con esposizioni di carni nelle vetrine refrigerate nei loro locali. Per comprendere il motivo di ciò occorre sapere cos’è la “frollatura”, un processo che avviene spontaneamente nei muscoli scheletrici degli animali appena macellati. La frollatura permette la maturazione della carne che, grazie ai meccanismi biochimici che si attivano, muta la struttura e si rende più commestibile. Non è un punto di vista, ma una constatazione oggettiva perché la valutazione qualitativa di una bistecca, passa per parametri oggettivi che sono soprattutto tenerezza, succosità e digeribilità. A stabilire i tempi sono le caratteristiche dell’animale: razza, età, taglia, tipo di alimentazione. Ma la carne in questo periodo perde peso, motivo per cui molti macellai e ristoratori non superano una certa soglia di frollatura.

Durante la frollatura, la decomposizione delle proteine, principali costituenti delle carni, avviene grazie al monitoraggio di temperatura, umidità relativa e composizione dell’atmosfera (% di ossigeno). Due sono le tipologie di frollatura: dry aging (a secco) e wet aging (a umidità controllata). Nonostante l’oggettiva bontà della carne frollata, molti consumatori tendono a fidarsi solamente dell’aspetto visivo. La carne frollata è di colore marrone scuro, quasi tendente al nero. Convinzione comune è che la patina scura sia segno di deterioramento. In realtà, il colore più intenso indica che la superficie della carne si è essiccata grazie alla corretta ventilazione nella cella frigo e agisce da scudo protettivo contro i batteri. Necessario sarà togliere quei pochi millimetri di superficie (e di pregiudizio) per scoprire il senso vero della frollatura. Alla complessiva perdita di peso, si contrappone la possibilità di utilizzare i ritagli per preparazioni di carne al fine di esaltarne il sapore, per tale motivo detto processo si può considerare “sostenibile”.

Al fine di rendere giustizia alla carne frollata, un ruolo fondamentale e decisivo sia sotto il profilo gastronomico che igienico è rappresentato dai tempi di cottura e dalle temperature utilizzate. Le evidenze scientifiche dimostrano che le alte temperature di cottura che si raggiungono con la griglia o il barbecue, possono incidere negativamente sulle caratteristiche organolettiche e sensoriali delle carni frollate. Il fumo che si genera, se rimane troppo tempo a contatto con la carne, rischia di essere dannoso per la salute. Ridurre l’esposizione della carne al fumo e al contatto diretto con la fiamma è utile per evitare che un alimento così gustoso peggiori le sue performance. Il carbone di cocco, ad esempio, rappresenta una valida alternativa ecologica e perfettamente funzionale al più comune carbone di legna, che permette di cuocere la carne in totale sicurezza per la nostra salute riducendo fumi dannosi.

Molte persone amano consumare la bistecca “al sangue”, altre trovano quest’abitudine disgustosa. Tuttavia, quando il cameriere domanda la preferenza sul grado di cottura della bistecca, prima di rispondere con un deciso “ben cotta!”, è necessario sapere che non si tratta di sangue. Cos’è allora quel sughetto rosso nel piatto? Il suo nome è mioglobina, una proteina globulare che trasporta l’ossigeno ai muscoli a cui conferisce il tipico colore rosso.
Il consumatore va dunque educato ad alimentarsi in maniera consapevole e soprattutto deve essere indirizzato verso nuove tendenze culinarie in grado di evitare i più diffusi luoghi comuni che possono deviare le giuste scelte.

*Imprenditore settore ristorazione, Pozzuoli, Napoli