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APP...rocciarsi ai pets: nuove frontiere del linguaggio!

di Manuela Gizzarelli

La sempre maggiore convivenza tra persone e animali domestici ha cambiato in maniera notevole le dinamiche relazionali tra gli stessi e ha altresì implementato le esigenze comunicative. Negli ultimi anni si è assistito all’emergere di un’ampia varietà di dispositivi (app, sistemi di intelligenza artificiale) che si sono posti l’obiettivo di tradurre, in termini “umani”, il linguaggio di cani e gatti.

In più spopolano sul web video di animali che, utilizzando apposite pulsantiere, riescono a riprodurre parole e a comunicare con le persone. E' evidente che sono tentativi giocosi ma che possono dar adito a illusioni.

Di certo questa nuova tendenza può essere interpretata come una maggiore sensibilizzazione nei confronti dei pets, ma è inevitabile uno spunto di riflessione. Quanto è sottile il confine tra il voler tradurre il linguaggio degli animali, e il voler porre lo stesso su un piano più umano? Inoltre, al di là dell’ampia discussione che si genera da un punto di vista strettamente
etologico, questa tendenza potrebbe in qualche modo risultare deleteria per la salute degli animali?

Nel tentativo di abbattere il confine tra le specie, ci si dimentica che i segni di malattia, la sua gestione e il trattamento sono ben diversi rispetto a quanto accade in medicina umana. Sembra scontato, ma un cane malato, per quanto capace di comunicare con il proprietario, richiede un’interpretazione clinica e una gestione medica ben diversa. Classico emblema è il falso mito, tramandato dalla notte dei tempi, che considera la secchezza del naso del cane (tartufo) un caposaldo per identificare improvvisi accessi febbrili, forse in un parallelismo con il caro vecchio gesto di porre una mano sulla fronte dello sventurato umano febbricitante.

Talora l’unica manifestazione di malessere nel gatto è la riluttanza al movimento, e quanto spesso ciò è erroneamente attribuito ad una maggiore pigrizia! Anche lo stato d’ansia, eccitazione o irrequietezza, che nel cane possono essere atteggiamenti indicativi di differente grado di dolore, viene a volte attribuito, più ad uno stato d’animo che a un segno di malessere fisico.

Gli esempi sono tantissimi. Un rischio non trascurabile è che l’erronea interpretazione di un atteggiamento del proprio animale possa essere accompagnata dal ricorso a metodi fai-da-te o addirittura alla somministrazione di farmaci di esclusiva
destinazione umana. È certo che nel climax dell’interrelazione uomopets sarà determinante sempre di più la capacità dei medici veterinari di comunicare con i proprietari in maniera chiara riguardo i “limiti” da rispettare nella tutela della salute dei
propri animali.

Poi, se in futuro dovesse essere sviluppata un’app che consenta ai pazienti a quattro zampe di parlare al momento della visita e di descrivere con precisione tipologia, caratteristiche e frequenza dei loro segni clinici… senza dubbio sarò la prima a scaricarla!